7 – 2018 Il discernimento: dono e arte

Editoriale


A proposito di discernimento

Affrontare nella rivista il tema del discernimento è come chiamare a raccolta ogni lettore perché possa partecipare
a una ricerca dal basso su ciò che significa per ciascuno “cercare”, “scoprire”, “confrontarsi”, “scegliere” e mille altre suggestioni.
È bene superare l’atteggiamento immediato di consenso e di facile approvazione di fronte a una esperienza che appare nuova, innovativa, consigliata universalmente.
I contributi raccolti nella rivista dimostrano che è tutt’altro che semplice entrare nella pratica del discernimento, per la varietà di implicazioni che la rendono problematica e laboriosa.
Perché possiamo definirla pratica innovativa specialmente in ambito ecclesiale?
Per secoli lo sviluppo di una coscienza spirituale è stata orientata verso l’esercizio della virtù dell’obbedienza ai dettami della Tradizione e del Magistero, favorendo una cura della mortificazione piuttosto che della ricerca personale di una ispirazione che potesse rispondere all’urgenza di situazioni tanto diverse. Ma sappiamo pure che il cammino di tanti santi e di una ascetica ispirata alla sequela del Vangelo ha significato anche scelte sempre nuove e diversificate di vita spirituale e di servizio apostolico. La varietà dei carismi di cui la Chiesa fa tesoro, è un indice di una pluralità di scelte che hanno sempre rappresentato novità, adesione al vissuto reale, interventi di carità e di trasformazione esemplare.
Come porsi in ascolto di un fenomeno così ricco e continuamente in evoluzione?
Credo che sia bene anzitutto allargare l’orizzonte della riflessione e dei riferimenti che rimandano a quello che lo spirito umano, anche prima della nascita di Israele, o in contemporanea alla stessa formazione del popolo eletto, ha elaborato.
È una eredità di pensiero e di ispirazione che, anche nella denominazione spesso impropria di “religioni”, accompagna tuttora il cammino dell’uomo.
Se in definizione generica e generale “discernere” vuole significare ricerca della verità e attuazione pratica di ciò che appare migliore e giusto, possiamo dire che proprio nelle filosofie o esperienze religiose che sono nate in oriente si afferma la fiducia che lo spirito umano sia in grado di elaborare un percorso di ricerca di ciò che è vero a cui appellarsi o di buono da realizzare.
Si tratta in ogni caso di un atteggiamento spirituale e morale che non sia solo di adesione a norme e a prescrizioni, ma alla novità che ogni situazione può rivelare, se affrontata con desiderio di vivere la pienezza della gioia e della pace.
È quanto anche oggi possiamo riconoscere nell’evoluzione del pensiero, patrimonio di tutta l’umanità, una garanzia perché ogni scelta sia orientata per la piena realizzazione del progetto uomo….
Il Concilio Vaticano II ha riconosciuto la convergenza di tutte le religioni verso un tale obiettivo e le caratteristiche che il dialogo interreligioso sta sempre più assumendo ne attesta i frutti, nonostante che altre forze contrarie tendano a preoccupazioni esclusive e identitarie, fautrici di divisione e di contrapposizioni.
Perché è opportuna una tale riflessione a proposito di un approfondimento sul valore del discernimento, come capacità di cogliere il vero e di scegliere il meglio?
È attingendo anche alle culture di altre religioni che possiamo riconoscere che è caratteristica di ogni essere umano giocare la propria libertà nel cogliere ciò che ciascuno è chiamato a vivere personalmente prima ancora che in una dimensione comunitaria. È proprio la rigorosità di un riconoscimento personale che favorisce il rispetto e l’attenzione a quello che gli altri, a loro volta, costruiscono nel loro percorso di vita. L’incontro di una affermazione individuale, vissuta con apertura e senza presunzione di superiorità, con quel cammino che l’altro realizza, favorisce un dialogo che non è solo giustapposizione di differenti punti di vista e contenuti ideali, ma leale ascolto dell’altro e disponibilità a cogliere una ricchezza propria di ogni differenza.
Potremmo dire che una tale pratica di discernimento si fonda sulla capacità di introspezione da un lato e di socializzazione dall’altro. Si può superare così anche l’idea che discernere sia un’esperienza individuale che non ha riscontro nella relazione con gli altri. Proprio il riferimento alle esperienze suggerite dalle religioni dell’oriente e dalle relative concezioni antropologiche sono un’eredità di preziosa ricerca della pace, della nonviolenza, del rispetto del mondo altrui.
Predisposizione necessaria a un cammino di conversione e quindi di convergenza, è proprio il liberarsi da ogni precomprensione che tenda ad affermare come assoluti il proprio punto di vista o la visione elaborata dal gruppo di appartenenza.
L’attenzione al particolare, al relativo, alla situazione, fa parte di quella disciplina interiore che in termini evangelici si può riconoscere nell’accoglienza di quanto lo Spirito può suggerire all’animo del singolo. La cura della propria coscienza come deposito di una personale ricchezza di sentimenti, emozioni, desideri e pensieri, si intreccia con l’apertura a quanto lo Spirito può suscitare nel cammino della persona.
Non è scontato che anche la formazione delle coscienze per una autentica e responsabile esperienza di fede coincida con l’esercizio spirituale che vede l’individuo, nel silenzio e nella meditazione del proprio essere e agire, in corrispondenza a quanto la Parola di Dio può suggerire.
Molta attenzione viene data, nella tradizione ecclesiale, a forme di preghiera comunitaria, dove vengono proposti testi che favoriscono la pietà interiore e che fanno sentire viva la partecipazione comunitaria al cammino della Chiesa universale. La Liturgia delle ore è un chiaro esempio.
Un altro esempio è la recita del Rosario, ricca esperienza di devozione che ci riporta ai misteri della vita di Gesù e all’intercessione preziosa di Maria.
Certe esperienze di devozione e riti che attingono anche ad antiche pratiche, sono certamente utili anche per quelle persone che non hanno educazione culturale adeguata, ma la mia esperienza dice anche che in ambienti popolari e di scarsa scolarità, specialmente in donne semplici e semianalfabete, la lettura e la meditazione della Parola può avere effetti straordinari….
Per questo è anche molto importante che la partecipazione all’Eucarestia domenicale, quando è possibile, sia preceduta da una preparazione alla comprensione dei testi che la liturgia suggerisce. Nella coscienza anche delle persone più semplici scatta il desiderio di vivere quello che sia nell’Antico Israele, sia nella prima comunità cristiana, rivelava la Buona notizia.
L’esercizio di fare una “proporzione” fra quello che è stato già vissuto e realizzato, dai sapienti, dai profeti, dai fedeli di Israele, unitariamente alla testimonianza dei discepolie degli apostoli, può essere guida e ispirazione al fedele che oggi si interroga su come dare vita alla “volontà di Dio”….
È esemplare che proprio nella preghiera che ci ha lasciato Gesù, come espressione più ricca della nostra fede, sia suggerito di fare la volontà di Dio “COME in cielo, COSÌ in terra”. Non è predeterminato il “così”: se è necessario studiare e cogliere il messaggio della Parola, è altrettanto importante entrare nel presente per realizzare il “così”, per cogliere quale sia la Buona notizia da vivere e da esprimere.
Penso che un’esperienza del genere richieda un esercizio di meditazione, di riflessione, di ricerca… in definitiva di discernimento. Fermarsi al COME può significare una forte soddisfazione spirituale che è preludio all’esperienza contemplativa, ma è proprio Ignazio di Loyola che negli Esercizi Spirituali guida l’esercitante a divenire “contempl-attivo”, a sperimentare che la presenza nell’animo dell’azione dello Spirito sia tradotta in azione, in carità operosa.
Non è però un esercizio rivolto solo al proprio impegno di maturità cristiana e umana, è anche la grazia di saper riconoscere che lo Spirito è presente e si manifesta in ogni persona e situazione. Quello che significa in definitiva essere “contemplativi nell’azione”.
Il discernimento si manifesta come azione della persona che mette a frutto tutte le sue energie intellettuali, sentimentali, emotive, culturali nel senso ampio del termine. Ma anche incontro con l’azione dello Spirito che, incarnandosi nel nostro essere, invoca da una parte «Abbà, Padre», e dall’altra «Abbà, uomo», nel senso di un coinvolgimento permanente della creatura nell’azione di un Creatore che continua a esprimere le sue meraviglie.
Il discernimento ha anche un valore sociale e politico quando affronta le dinamiche della società e contribuisce al cambiamento di condizioni sociali oltre che di comportamenti personali. Ha una responsabilità etica che affonda le sue radici nella libertà delle coscienze e nella capacità di vivere un processo di conoscenza autonomo e libero.
Quello che la comunicazione massificata determina, soprattutto per le sollecitazioni a comportamenti condivisi acriticamente, o nel consumo sempre più pubblicizzato dalla invasione assordante del commercio, richiede un’azione culturale che abbia a cuore il cambiamento dell’immaginario simbolico, per dare spazio a riferimenti valoriali mai sperimentati.
Anche la società attende continuamente una “Buona notizia”, per uno sviluppo solidale e per un’esperienza di pace, globale e duratura. Discernimento spirituale che diviene anche culturale, sociale e politico.

p. FABRIZIO VALLETTI sj